Si rincorrono in questi giorni notizie e smentite, si pubblicano e poi si cancellano articoli, girano voci, sembrerebbe, ma non è confermato che…un politico del Comune di Frascati abbia inveito e offeso degli Agenti di Polizia Locale mentre gli verbalizzavano una contravvenzione.
Ciò che fa riflettere non è il fatto in sé, che se non confermato neanche può essere oggetto di un commento, bensì il fitto mistero di cui esso è contornato. Dei testimoni oculari del fatto avrebbero scritto, giustamente indignati, ma utilizzando dei nomi di fantasia.
Questo lascia pensare. Perché qualcuno che assiste ad un fatto grave, offensivo non solo nei confronti di due Agenti in servizio, ma di un’intera collettività, che non merita di essere rappresentata da chi si comporta da prepotente, avrebbe problemi a raccontare e denuncia utilizzando il proprio nome? O perché, altrimenti, dovrebbe inventare e diffondere un racconto falso teso a diffamare un rappresentante politico locale?
Questo modo di parlare, che sembra più ispirato allo stile delle chiacchiere dei fontanili di una volta, che al senso civico di denunciare un fatto grave ed offensivo, è esso stesso causa dei mali della nostra società.
Nelle lezioni sul bullismo che la scuola ritiene fondamentale rivolgere ai giovani, si insegna loro che ciò che più alimenta il bullismo non è il fatto che esistano ragazzi prepotenti o violenti ed altri fragili o vittime, ma che ci siano degli spettatori che vedono, sentono, sanno e non fanno nulla. E’ questa paura di parlare, che in altri contesti viene definita omertà, che porta ad assistere ad un’aggressione su un mezzo di trasporto pubblico senza intervenire, a leggere un provvedimento in palese contrasto con i principi del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione e fare finta di niente, ad assistere all'intimidazione di un collega da parte del superiore senza difenderlo.
Questo più di tutto alimenta gli abusi di chi ha potere rispetto a chi è in condizione di inferiorità.
Rendere una dichiarazione non corrispondente al vero o non provata è altrettanto, se non più grave, perché, oltre ad accusare ingiustamente qualcuno, genera quell'eccesso di rumore mediatico in cui può essere vero tutto ed il contrario di tutto.
Sia il silenzio che l'eccesso di rumore producono lo stesso effetto: offendono il diritto dei cittadini a conoscere la verità e a pretendere l’onestà, quella che va oltre il compimento del “proprio dovere”, quella che risponde ad un’etica della responsabilità di raccontare la verità, di indignarsi di fronte ad un’ingiustizia, di agire per interromperla.
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